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domenica 14 ottobre 2012

IL BLOG SI SPOSTA: NUOVO INDIRIZZO



Cari lettori, da oggi il blog si sposta su wordpress. Il nuovo indirizzo è http://danordasudparliamone.wordpress.com/ . Vi aspettiamo numerosi come sempre!
Alessia Bottone 

venerdì 12 ottobre 2012

LA RISPOSTA NASCE SPONTANEA

Cara Alessia,
Scrivo su questo tuo blog perché supporto il tuo coraggio, la tua intraprendenza e la tua voglia di continuare a crederci e a crescere. Credo che questa tua iniziativa possa essere utile per raccogliere storie vere, storie di persone ordinarie che lottano quotidianamente con dignità per mantenere una dignità. Decido di scrivere per raccontare in breve la mia storia, o meglio la storia dei miei ultimi 4/5 anni. Mi ha colpito in particolare il fatto che qualcuno ti commentasse che in fondo se non trovi lavoro è perché magari sei tu ad essere sbagliata o la tua scelta scolastica ad essere ardita e inappropriata per l' Italia. Io mi sono laureata in lingue straniere per la comunicazione internazionale, un percorso un po' vago lo ammetto (ma allo stesso tempo mi dico anche che se questo corso di laurea esiste immagino che chi l abbia progettato abbia pensato che rispondesse a dei bisogni di mercato concreti (cito il mio esempio ma potrei citarne molti altri dato che questo argomento richiederebbe un post a parte). Ad ogni modo mi sono detta che studiare lingue straniere e comunicazione potesse essere una scelta efficace. Mi sono laureata di triennale nel 2007; ho proseguito con la laurea specialistica. Durante i due anni di specialistica ( per rispondere al prof.)ho fatto l’Erasmus, il tirocinio Leonardo da vinci, ho svolto i tirocini formativi per il conseguimento di crediti didattici come da percorso standard, ho lavorato come tutor di studenti in vacanza studio all'estero durante l' estate per migliorare le mie conoscenze linguistiche. Devo assolutamente ringraziare la mia famiglia che mi ha sempre supportato economicamente, altrimenti non ce l' avrei fatta. Tuttavia mi dono sempre data da fare lavorando part-time per i 5 anni di studio in una piscina. Prima ancora di laurearmi ho iniziato a cercare lavoro pensando che queste esperienze mi avessero adeguatamente formato per essere inserita nel mercato del lavoro. Non ho mai avuto la pretesa di diventare manager d'azienda precisiamo, ma quella di fare qualcosa che si allineasse ai miei studi si. Iniziano qui lo scontro con la realtà: mi rendo conto che la mia laurea non è sufficiente, così come le esperienze all'estero. Per carità interessanti ma..
Cerco allora di rimediare in qualche modo e capire quali possono essere le vie papabili sul mercato. Mi rivolgo ai centri per l'impiego locali, provinciali e regionali, lo sportello per l Europa, partecipo a workshop e seminari per compilate il cv, per capire le tendenze del mercato. A settembre 2009 frequento un corso in euro progettazione per capirne di più sui finanziamenti europei, i fondi, bandi, le risorse.... Un corso presso un istituto tanto riconosciuto quanto caro: circa 700 euro per un mese! E va beh un investimento! Mi laureo a novembre e dopo tanti colloqui trovo uno stage per progettare percorsi di formazione finanziata! Che bello! Ma è gratis! E va beh un altro investimento! Come faccio? Ho 26 anni! Decido allora di trovarmi un lavoretto per permettermi di continuare a guadagnare come ho sempre fatto durante gli studi. Mi sembra infatti assurdo che durante l università io potessi guadagnare mentre invece una volta entrata nel mondo del lavoro le mie entrate siano pari a zero! Lavoro così la sera dalle 18.00 alle 21.00 presso una scuola privata come insegnante di inglese e francese: praticamente guadagno circa 600 euro al mese con in lavoro serale e lavoro 8 ore al giorno gratis! Per un totale di 11 ore al giorno. Ma non mi arrendo. Dopo 3 mesi di prova (perché lo stage prevedeva anche dai tre ai 6 mesi di prova) mi dicono che mi sono meritata un minimo rimborso della Modica cifra di 100 euro al mese! Il problema è che mi sento anche fortunata! Al quarto mese, mi sento presa in giro e me ne vado decide do di fare l insegnante a tempo pieno e mettere qualche soldi o da pare. L anno dopo arriva la grande occasione: mi accettano Per fare uno stage al campus delle nazioni unite di Torino per l organizzazione internazionale del lavoro. Uno stage di 6 medi, non pagato ovviamente. Sembra una contraddizione che l OIL permetta tale pratica ma chiaramente e un occasione che non voglio perdere: ho 27 anni, mi sono laureata in lingue e oltretutto presso un università che non e tra le più rinomate in Italia, figuriamoci all’ estero per cui mi sento fortunata. Un altro investimento. Ricomincio a lavorare 11 ore al giorno: stage+part time come insegnante.... E' davvero un periodo pesante: il Mi fidanzato praticamente lo vedo una volta alla settimana e viviamo nella stessa città.! Termino lo stage senza alcuna prospettiva di rimanere ed alquanto delusa da un sistema che ha permesso che io facessi uno stage formativo in università e due stage post laurea senza lasciarmi nemmeno una speranza. A marzo 2011 vengo selezionata per uno stage a Ginevra presso un istituto di ricerca e formazione delle nazioni unite: è il mio campo e quel che voglio fare perché coniuga comunicazione, formazione e ricerca ma. Non e pagato. Cosa faccio? Ginevra e la città più cara d Europa. Mi faccio due conti: ho lavorato due anni come una pazza e sono riuscita a mettere qualcosa da parte, e mie nonne impietosite ed incredule che la loro nipote " che ha studiato tanto" non riesca a trovare un lavoro mi fanno un prestito e così parto alla volta di Ginevra. Mi ricordo ancora di essere passata da casa della mia migliore amica prima di partire e di essere scoppiata in lacrime per l esasperazione: stavo facendo la scelta giusta investendo 7000 euro per vivere a Ginevra 6 mesi ( oltretutto in maniera sobria considerando gli standard di vita?) mi dico che sarebbe stato l'ultimo stage e che al termine sarei tornata in Italia a lavorare come cameriera, baby-sitter, dog-sitter,, qualsiasi cosa pur di essere pagata ed avere un contratto. Oggi vi scrivo ancora da Ginevra: mi e andata bene. E stata un esperienza che ne e valsa la pena. Non dico che chiunque debba partire e lasciare l Italia perché nel mio caso devo ringraziare la mia famiglia che mi ha permesso questa avventura e sono stata fortunata che per una volta ero al posto giusto nel momento giusto e a fine stage ho ottenuto un contratto. Per carità non a tempo indeterminato ma abbastanza da guadagnare e vivere un po' serena. Mi piacerebbe tanto tornare a Torino perché mi manca la mia città, la mia famiglia e i miei cari, vorrei fare qualcosa che contribuisca al mio paese ma al momento sono in un posto che mi offre un lavoro che mi piace (ci tengo a ribadire che mi occupo di formazione a distanza e comunicazione, pertanto sono cose che potrei fare anche a Torino, non fuori dal mondo ecco), vengo pagata abbastanza bene e ho opportunità di crescita. La risposta nasce spontanea.

IN UNA POSIZIONE DI STALLO

Ciao Alessia,




Io mi chiamo Antonino Cucinotta, ho 26 anni (tra un mese ne farò 27), sono uno Specializzando nel corso di Laurea Magistrale in Scienze Economico - aziendali presso l'Università degli studi di Messina ma sono intenzionato a finire gli studi e quindi trasferirmi presso L'università di Milano - Bicocca (in quanto domicilio attualmente a Milano), per colmare almeno così il fatto di essermi Laureato al Sud, quindi sperare di avere qualche chance in più.
Sono una persona semplice e umile.
All'età di undici anni ho iniziato a lavorare, saltuariamente, presso impianti di carburanti (come lavavetri), come cameriere (presso lidi, pizzerie ect..) altresì ho fatto anche l'istruttore di karate per diversi anni. Tutto questo fino all'età di 25 anni.
Inoltre, ho maturato anche le seguenti esperienze lavorative:
- sei mesi di pratica presso un Dottore commercialista non retribuito dal Gennaio a Giugno 2011
- un mese ho lavorato come Operatore call Center a 180 euro al mese con contratto a progetto, non rientrando quindi neanche nelle spese che sostenevo per recarmi sul luogo di lavoro.
- ho fatto uno stage di due mesi presso un Dottore commercialista (Consulente del Lavoro).
In sintesi mi sono dato sempre da fare, già da piccolo sia per aiutare i miei genitori ma anche per me stesso.
Tutto ciò si può consultare tra le mie info sia sul profilo fb che Linkedin.
Per quanto riguarda la ricerca del lavoro, già al diciottesimo anno di età compiuto ho iniziato a mandare Curricula di qua e di la, verso settori di attività che sono più in linea con gli studi da me intrapresi.
Nell'ultimo hanno mezzo, nello specifico, il mio tempo dedicato alla ricerca è stato di circa il 100%, tant'è che mi sono girato le seguenti città: Messina (la mia città natale), Cosenza, Roma, Bologna, Bergamo, Pavia ed infine Milano (la città dove Domicilio attualmente) spesso anche a piedi, in silenzio, con umiltà e da solo.
Questa ricerca più che attiva, infatti mi ha portato anche a trascurare po gli studi.
Ho capito che avere esperienze lavorative è molto importante.
Le suddette ricerche fino ad oggi hanno fruttato diversi colloqui , nei settori di attività e aziendali di mio interesse, ma nessuno, a parte l'esperienze sopra citate, mi ha dato l'opportunità di iniziare, ho solo avuto porte chiuse in faccia, sentendomi anche preso in giro sia da parte dalle aziende in cui ho fatto i colloqui che dalle agenzie per il lavoro, oltre che a vederne di tutti colori.
Sempre nell'ultimo anno e mezzo ho cercato anche d trovare, soprattutto nella zona dell'Hinterland Milanese e in centro città, lavori come cameriere, addetto alle pulizie, come commesso, ma niente di niente.
Tra le altre cose volevo riferirti che ho chiesto anche aiuti ad alcuni comuni (province zona est di Milano), come quello di Masate, Basiano e Trezzo sull'Adda, ma si sono negati nell'aiutarmi. Ho chiesto anche aiuto alla chiesa, e si è negata anche Lei. Risultato, ho dovuto dormire per diversi giorni da solo presso la stazione centrale di Milano come un senzatetto perché non mi potevo permettere un alloggio.
Oltre ai colloqui ho provato a fare anche diversi concorsi pubblici, non ti dico e non ti conto, immagina lo schifo che ho potuto vedere.
Le mie gambe hanno macinato moltissimi Km, ma nonostante questo non demordo, continuo ad andare avanti come un treno, anzi peggio.
Oltre a lavorare ho trovato anche un piccolo spazio per praticare Karate Kyokushinkai e diventare
campione Italiano per tre anni consecutivi (tutto questo nella fase adolescenziale).
 
 
L'aspetto che trovo più assurdo è che cercano esperienze lavorative di durata rilevante anche per gli stage. Per questo motivo, per quanto concerne il reinserirmi nel mondo del lavoro, mi trovo in un punto fermo, in una posizione di stallo.
Il mercato del lavoro italiano, a mio avviso è insensato, in-logico.
 
Alessia ti dico solo una cosa sono arrabbiato di brutto.
Voglio lottare insieme a te per riprendermi/ci i nostro diritti.
Sicuramente capirai come mi sento dentro, in quanto mi sembra di capire che anche tu ci sei passata.
 
Questo che ti ho scritto è quanto.
Ciao





giovedì 11 ottobre 2012

LE FAREMO SAPERE

Carissima,
Sono capitata quasi per puro caso nel tuo blog e immediatamente ho sentito l'urgenza di raccontare la mia esperienza di 24enne italiana e precaria. So di essere in buona compagnia, so di non essere nient'altro una goccia in un'oceano, come so che la mia situazione potrebbe essere molto meno drammatica di quelle di tanti altri con tanto di anni di Università alle spalle, ma è tanta la rabbia che ogni giorno mi assale nel vedere quanto siano ingiuste le cose, ogni giorno, e mi sento veramente in dovere di alzare la voce.


Premetto che non ho mai frequentato l'Università, ho un semplice diploma di Operatore Turistico. Nel Febbraio 2010 parto per lavorare in Irlanda e grazie ad un uso fluente dell'inglese e a tanti sacrifici trovo lavoro dopo una manciata di settimane, presso una catena alberghiera, come addetta alle prenotazioni. Mi pagano 1650 euro netti al mese. Riesco, a 22 anni, ad avere l'indipendenza che sognavo da tempo: una casa tutta mia, i risparmi. Dopo quasi un anno e svariati colloqui vengo assunta nella sede europea di Apple come addetta al servizio clienti per il mercato italiano: paga ancora migliore, un milione di benefits, tanto stress ma tutto profumatamente ripagato. Era il lavoro che sognavo da tempo e che molta gente con lauree e masters mi invidiava. Nonostante soffrissi la lontananza dalla mia famiglia e la mancanza del sole, ero felice e appagata. Purtroppo però, per motivi famigliari e di salute ritorno a malincuore in Italia, dopo quasi 3 anni passati all'estero in cui credo di essermi fatta una buona esperienza lavorativa, esperienza che, se non avessi mai lasciato l'Italia, difficilmente avrei avuto la possibilità di farmi.

Arrivo in Italia e come sto facendo tutt'ora, invio miriadi di curriculum a call centre, uffici, aziende; ma anche a negozi, supermercati ed imprese di pulizia. Per mesi, il nulla. Poi, una mattina, mi risponde via mail un tizio della Vodafone, cerca addette al call centre per presa appuntamenti. Al colloquio mi propone 5 euro l'ora per un part time la mattina, che è già nulla, ovviamente senza contratto, il classico fisso mensile più provvigioni. Vivendo ancora con i miei e dovendo sostenere spese pressochè limitate, accetto. Dopo circa tre giorni di lavoro totalmente demotivante, di telefonate a gente che non vuole saperne nulla della promozione adsl e internet e che ti chiude (giustamente) il telefono in faccia, mi vengono dette testuali parole:"Signorina, come vede è un brutto momento per la produttività per questo mese il fisso dovrà scendere a 2 euro e 50 l'ora". 2 euro e 50! Una cosa assolutamente ridicola, umiliante, dal momento che il bus che prendo ogni mattina per raggiungere il suddetto ufficio mi costa 1 euro e 50 solo andata. Schifata, lascio il tutto.
Da quel momento ad oggi, è stato tutto un susseguirsi di colloqui, risposte senza certezze, di "le faremo sapere", contratti a progetto, a somministrazione, di una settimana, massimo un mese. E' triste sapere di aver sacrificato tutto per 3 anni, all'estero, essere riusciuti a fare qualcosa di grande, che dovrebbe essere riconosciuto correttamente, per poi tornare a casa e rimanere a mani vuote, e sapere che non si è mai adatti: si è troppo qualificati, non si hanno le giuste qualità, il profilo non è quello che cerchiamo. Ogni voltà c'è una motivazione diversa. Vorrei vivere in un paese in cui si venga premiati in base alle capacità, al talento, e non alle conoscenze, ai "ganci". All'estero questo discorso non sussiste. C'è un concetto ben diverso di meritocrazia e io ho avuto la fortuna di vederlo con i miei occhi.
Ma non voglio lasciare nuovamente il mio paese, voglio restare e lottare per il mio futuro.

Ti ringrazio per lo sfogo e complimenti per tutto quello che hai fatto e che fai.
Con affetto,
A.

mercoledì 10 ottobre 2012

OVERQUALIFIED


27 anni. Laurea in Mediazione Linguistica (inglese, francese e spagnolo), erasmus in Francia, Master a Londra in Traduzione ed Interpretariato, stage in Spagna e New York e specialistica in Comunicazione e Marketing Multilingue (inglese, francese, spagnolo e tedesco) a Bruxelles completata quest’estate. Questo è il mio profilo, più o meno. 

Profilo che almeno in Italia sembra non essere abbastanza per trovare un buon lavoro. Così, sono sbarcata di nuovo qui a Londra dove in meno di tre settimane ho trovato un bellissimo lavoro nell’e-commerce di moda di lusso Net-à-Porter: il mio sogno, in fondo, era entrare nel mondo della moda. Difficile ovunque, vero, ma mai forse come in Italia.

Ho iniziato la mia ricerca di lavoro quest’estate mandando curriculum un po’ ovunque tra Londra, Milano e Parigi. Ovviamente, come immaginavo, le sole risposte ottenute sono state qui a Londra, città aperta alla multiculturalità e all’accoglienza di giovani laureati. Eppure anche qui a Londra le cose non sono state affatto facili, avendo ricevuto molte porte in faccia anche qui o offerte di stage non pagati. Ecco, vorrei per prima cosa parlare di questi benedetti stage: in Francia sono finalmente diventati illegali, nel senso che gli stagisti devo essere retribuiti almeno la fascia minima di stipendio, novità al momento introdotta solo in Francia. 

Io sono davvero stanca di vedere aziende (grandi aziende per altro, e multinazionali) che offrono stage su stage a studenti e neolaureati con il solo scopo di sfruttarne le capacità per mansioni che nessuno degli impiegati all'interno dell’azienda vuole svolgere. Sono stufa di vedere aziende che offrono stage non retribuiti e che poi neanche garantiscono l’assunzione allo stagista, anzi. Più volte ho visto aziende offrire a me e ad amici stage non retribuiti a Londra, Milano, New York ripetendo la solita clausola annessa: non possiamo poi garantirti un posto di lavoro ma al massimo aiutarti a trovarlo. Cosa? E io dovrei venire a lavorare gratuitamente per voi per poi non avere neanche un posto di lavoro nella vostra azienda? 

Ma dico, queste aziende si rendono conto di cosa possa significare vivere in una grande città come Milano senza guadagnare un euro? Secondo loro a 27 anni un giovane dovrebbe ancora dipendere dai propri genitori tanto per aggiungere al suo curriculum l’ennesimo stage? Gli stage inizialmente erano stati concepiti come passaggi quasi obbligati verso l’inserimento del giovani all'interno dell’azienda. Oggi non lo sono più: oggi servono esclusivamente alle aziende per avere un impiegato in più che svolga un buon lavoro GRATIS! Ecco perché finalmente in Francia lo stage non retribuito è divenuto illegale. Solo un paese però. Ovviamente in Italia è impossibile arrivarci vero? Ecco questo chiederei al caro ministro Fornero che tanto sembrava prodigarsi a favore dei giovani! Io, è vero, debbo ritenermi fortunata per aver trovato così subito un lavoro (in 2 settimane, ma in tempi italiani praticamente in un giorno!) che sì, mi piace anche se non è ancora ciò che voglio. Ma è un inizio ed è ben pagato. E poi qui in Inghilterra c’è una grandissima mobilità sociale: una volta che hai un lavoro puoi muoverti facilmente e passare dal lavorare nell’informatica al Marketing, o da assistente a Manager in un dipartimento completamente diverso nella stessa azienda. E’ questo che manca all’Italia. Noi siamo troppo rigidi: in Italia se sei laureato in Giornalismo puoi far solo il giornalista come mestiere, nessun azienda ti assumerebbe per fare qualcosa di diverso. Qui no, ed è questo il bello! Ho una mia amica laureata in teatro e cinema che lavora nel marketing! Ecco, questo in Italia non succederebbe MAI!

Sarò stata anche fortunata ad aver trovato lavoro così subito ma a tutto c’è un prezzo da pagare.  Io sono stata costretta a trasferirmi di nuovo in un altro paese, con un'altra cultura ed altre abitudini quando magari io, dopo i miei tanti viaggi, sarei voluta restare in Italia, a Milano, e costruire forse lì la mia vita. Non è giusto che un giovane sia obbligato a spostarsi altrove perché IL SUO PAESE non gli garantisce un impiego decente! Io continuo a chiedermi a questo punto a cosa siano serviti tutti questi anni di studio, tutti questi sacrifici fatti da mia madre (di cui sono a carico) se poi devo ritrovarmi a non avere un lavoro nel mio paese e ad averlo in un altro dove sono comunque “overqualified”. Certo, perché qui in Gran Bretagna, e soprattutto per il lavoro entry level che ora inizierò, bastava una laurea breve e non tutti questi Master e specialistiche. Qui, laureata alla triennale o specialistica è esattamente la stessa cosa: vieni comunque considerata una “fresh graduate” con le stesse identiche opportunità di lavoro che ha un laureato alla triennale britannico. La verità è qui, più che gli studi, conta l’esperienza e tutti, dico tutti, qui iniziano a lavorare a 22/23 anni, subito dopo la loro laurea. E’ ridicolo per me avere manager che abbiano la mia età o qualche anno meno di me, mentre io sono praticamente al mio primo vero impiego. Tutte le aziende, sia qui che in Italia, cercano un profilo con esperienza e questa è l’ennesima cosa che mi fa andare in bestia dopo gli stage. Ma dico, come faccio ad avere esperienza se sono appena laureata e se tutte le aziende vogliono qualcuno con un minimo di esperienza? Come faccio se magari non ho mamma e papà che mi passano i soldini per farmi fare duemila stage gratuiti che mi diano un po’ di “esperienza” (che spesso neanche basta)? 

Io credo che ci sia proprio da sradicare certe mentalità e preconcetti prima di tutti degli employers italiani. Guardiamo all'Inghilterra o alla Francia, sono questi gli esempi che dovremo cercare di emulare per non lasciare che i pochi giovani ancora rimasti in Italia non scappino anche loro all'estero  Pochi giorni fa il famoso giornale londinese l’Evening Standard ha denunciato l’alto tasso di disoccupazione giovanile a Londra, riportando storie di giovani 19enni o 20enni disoccupati provenienti spesso da ceti bassi e senza diplomi di laurea. L’Evening Standard ha promosso dunque un’iniziativa chiamata “Ladder for London” affinché grandi e piccole aziende assumessero questi giovanissimi senza futuro in contratti di apprendistato. I risultati sono stati enormi: perfino la Goldman Sach ha assunto una decina di apprendisti nella propria azienda. Parlo di ragazzi che vanno dai 17 anni ai 20/21 e che non possiedono neanche un diploma di laurea! Ecco dove sta la  differenza tra noi e l’Inghilterra: nella mentalità delle aziende, dei politici e soprattutto dell’opinione pubblica

Cara Alessia, io sono con te e continuerò a lottare con te e gli altri  anche da Londra, con la speranza che un giorno possa tornare in Italia e non lasciare che questo bel paese diventi un paese di soli pensionati. 

martedì 9 ottobre 2012

QUINTA COLONNA E MATTINO5

Cari lettori,
 
per chi non lo sapesse ieri ed oggi sono stata ospite di due programmi televisivi: Quinta Colonna su Rete4 e Mattino5. Vi allego i link delle trasmissioni.
 
 
Mi auguro che ciò che sto facendo vi dia la forza di reagire e di dire adesso basta, un'altra Italia si può!

Ne approfitto per ringraziarvi del vostro sostegno!
 
Alessia Bottone

PERCHÉ DEVO FUGGIRE DAL MIO STATO, QUELLO STATO CHE DOVREBBE TUTELARMI?

Ciao Alessia,
non so bene ancora se scriverti qui è giusto, il tuo blog è pieno stracolmo di messaggi che leggerli tutti è davvero un'impresa!
Sono laureata alla triennale in Economia e Marketing e alla specialistica in Economia aziendale, conseguita a pieni voti, il tutto in tempo! Durante i miei studi non mi sono mai fermata, tirocini e stage a go-go!! Tutto quello che si poteva, andava bene perché avevo un solo grande obiettivo: maturare quell'esperienza tanto richiesta nel mondo del lavoro. Insomma, non volevo arrivare alla laurea solo con un pezzo di carta in mano. Diciamo che questo mi ha caratterizzata quando lo scorso anno a marzo mi sono messa alla ricerca di lavoro! Proprio durante la tesi stavo facendo un tirocinio nell'ufficio crediti di un noto istituto bancario. Finito questo dopo poche settimane ho avuto una serie di colloqui. Uno di questi è andato a buon fine!
Cercavano una centralinista per una banca, con contratto a tempo determinato per 6 mesi, ho accettato senza esitazioni, non mi importava se la mia laurea consentiva di aspirare più in alto. Una volta entrata avrei potuto mostrare quanto valevo. Così tra una telefonata, una fax e una fotocopia ho studiato il processo del credito esistente. Ovviamente questa cosa è stata fin da subito notata, e le mie aspirazioni sono venute a galla di lì a poco. Dopo circa un mese, le esigenze dell'Istituto sono mutate e mi è stato offerto di cambiare ruolo: "salire di un piano" e lavorare nell'ufficio crediti. Una soddisfazione arrivata alle 17.30 di un caldo venerdì pomeriggio di luglio.
 
 
Dalla settimana successiva subito nel nuovo ufficio. Tanto c'era da imparare, non sempre facilitata dai colleghi più anziani che a volte più che insegnare "giocavano al gioco del silenzio". Sono state le prime ravvisaglie delle difficoltà dell'Istituto, i colleghi erano ostili perché avevano a cuore quel posto di lavoro! Inoltre, l'ufficio crediti è un ufficio in cui tipicamente si approda dopo anni di esperienza e io giovane centralinista forse non ero sempre ben vista. Ho sgomitato per capire, ho passato notti insonni pensando che forse non ce l'avrei mai fatta, avevo incubi sui possibili errori fatti!! Passati i primi mesi, un'altra opportunità: la banca stava intraprendendo la strada di un nuovo strumento finanziario serviva qualcuno che passasse ore e ore in archivio a sfogliare vecchi documenti e vecchie pratiche, mi sono offerta, ho lavorato fino a tardi la sera, il sabato mattina e avessi potuto sarei andata anche alla domenica!
 
Mi sono divisa tra quanto dovevo imparare sui crediti, quanto volevo capire sulla nuova opportunità finanziaria, ho messo da parte le mie incertezze e le mie paure e ho tirato fuori una grinta che mai avrei pensato di avere! Non volevo solo starmene alla mia scrivania e nell'archivio volevo entrare a far parte di quel nuovo progetto complesso più che mai! Ho dimostrato fin da subito la mia esigenza di imparare ma soprattutto di guadagnarmi magari un "prolungamento del contratto". Così è stato a dicembre è arrivato il rinnovo del contratto per ulteriori 6 mesi. Mi sono stati affidati progetti più o meno importanti.
Nel frattempo però aleggiava nell'aria la crisi, la crisi che ha colpito anche il mondo delle banche con impieghi spesso troppo appesantiti da crediti no performing.
A giugno il mio contratto era in scadenza, le nuove strategie aziendali intraprese prevedono il blocco delle assunzioni. Nonostante le notti insonni passate dopo i primi colleghi non confermati, pareva che le mie competenze e conoscenze fossero riconosciute, sembrava infatti esistesse un modo per rinnovare il mio contratto nuovamente per 6 mesi. Ok, ho preso questa notizia con gioia, certo non era un lavoro fisso ma con l'aria che tira era una certezza per altri sei mesi. Invece no, qualcosa non è andato, la legge e la burocrazia hanno fatto la sua, e a luglio mi hanno convocato per dirmi che il proseguo per 6 mesi non era più possibile.
Così da luglio sono a casa, disoccupata, dopo aver percorso più di un anno in ambiente che sembrava il mio ormai, avevo ottenuto la complicità e la collaborazione tanto ricercata dai colleghi. Avevo lavorato oltre l'orario (ovviamente senza richiedere un minuto di straordinario), avevo dato ascolto alla parola "noi vogliamo continuare a lavorare con te", non avevo inoltrato più domande pensavo di iniziare a farlo in prossimità della nuova scadenza. Ho messo la mia vita nelle loro mani, ho creduto alle loro parole, ma soprattutto nelle mille camicie che avevo sudato per ottenere il rinnovo. Ho atteso la loro lettera di referenza e da fine luglio ho iniziato ad inviare nuovamente curriculum, quello che mi sconvolge ogni giorno di più è che il mio telefona non squilla! Non so se è il momento, mi sembra di capire che molti sono nelle mie condizioni, ma il mio timore più grande è di aver subito "dopo il danno, la beffa!". Ricordi quella frase "una volta entrata in banca non ci esci più? Ecco io ci sono uscita, seppur non per causa mia. E se ora nonostante le referenze, le buone parole spese sul mio cv, i selezionatori pensassero "questa non l'hanno tenuta in banca quindi forse qualcosa non è andato?”
Sono lunghi questi mesi passati in silenzio davanti al pc a cercare qualcosa. Tanti mi dicono vai all'estero e questo mi fa perdere i connotati. Perché devo arrendermi, devo scegliere la via forse più facile dal punto di vista lavorativo, ma la peggiore da punto di vista affettivo!?! Ho una famiglia che mi ama, un fidanzato che amo da quasi 8 anni con cui pensavo di avere una famiglia, una casa e magari un figlio tra qualche anno, perché devo abbandonare il mio sogno? Perché devo fuggire dal mio Stato, quello Stato che dovrebbe tutelarmi, che dovrebbe permettere che il mio sforzo tra studio e lavoro non cada invano??
Ho dimostrato grinta, che ora perdo davanti a questo schermo e a questo cellulare.
Ho bisogno di credere che ci sarà un futuro qui, accanto a chi amo, facendo quello che tanto ho faticato ad imparare.

sabato 6 ottobre 2012

UN VIAGGIO CHIAMATO ERASMUS




Voci di corridoio non ancora confermate dicono che l’Erasmus sia finito.

Non è difficile immaginare che se non ci sono più fondi per l’Erasmus a breve non ci saranno neanche per LLP/Erasmus, il Leonardo, lo Sve e tutti quei programmi che ogni anno permettono a numerosissimi studenti e neolaureati  di complementare la loro formazione all'estero o semplicemente di fuggire dalla routine, dalle ambizioni familiari o da se stessi per poi ritrovarsi.


Permettetemi di segnalare la romanticità del viaggio Erasmus, quegli amici che conosci all'università provenienti da tutta Europa, da posti che nemmeno conosci, che ti raccontano delle loro vita, della storia dei loro paesi vista con la freschezza di un ventenne. La voglia di essere grandi, di cucinare un piatto tipico del proprio paese, di abbattere gli stereotipi, di imparare una lingua in più anche per comunicare con quel ragazzo o ragazza che ti piace tanto.

C’è il professore che racconta di politica economica in inglese, in catalano o in francese e tu ti senti piccolo e non capisci cosa diavolo stia dicendo. Poi passano i giorni, acquisisci fiducia in te, capisci che il mondo è grande e che forse vuoi conoscerlo. Io stessa, senza questa borsa di studio, oggi non sarei io. Non avrei capito cosa realmente volevo dalla vita, non avrei capito che quella realtà quotidiana non mi bastava più, che volevo saperne di più. Non avrei apprezzato popoli lontani, non avrei ascoltato i racconti di quegli amici, non sarei affamata di cose nuove e lontane, per usare  un termine caro a Steve Jobs.
Poi ci sono i viaggi che si fanno dopo Erasmus  per andare a trovare gli amici lontani. Città che non avevi mai considerato. Quanti soldi abbiamo dato alla Ryanair per raggiungerci in ogni angolo del mondo, per restare insieme, ancora un po’, per visitare le città, conoscere gli amici di questi amici, per sentirci parte di quel nuovo mondo. Se non ci fossero stati quei viaggi oggi non amerei così profondamente il mio paese, oggi non mi sentirei così italiana e così vogliosa di regalare ciò che ho imparato in questi anni all'estero.
Già perché  quella banda di universitari che dormiva poco e viveva tanto oggi continua a viaggiare. Ad alcuni l'Erasmus ha cambiato la vita. Chi si è innamorato e ha sposato qualcuno che lo ha portato a vivere in un altro paese, chi ha deciso che una lingua sola non gli bastava e voleva impararne tre quattro e ha deciso di fare del mondo la sua casa. Posso fare dei nomi?Non me ne vogliate. Ma c’è Laura, la veterinaria italiana in Inghilterra, c’è Carmine che vive a Washington in cerca di lavoro, ci sono Pierre e Thomas, i miei francesi preferiti che lavorano in Messico, c’è Sabrina, la mia compagna di stanza che oggi vive in Spagna, c’è Eleonora che ha lavorato in Nicaragua, c’è Valeriane, c’è Chiara che lavora all’Onu, c’è Alessia. Quanti ne siete!

Erasmus ci resti per sempre, perché non importa in che posto del mondo tu viva, avrai sempre cinque minuti da dedicare a quell'amico lontano che ti chiama per dirti che ha una coincidenza del treno nella tua città, o per pensare ad un week-end a casa di chi anni fa ha fatto parte della tua vita. 

Se c’è qualcosa che è per sempre, è l’Erasmus e allora, lasciatelo tale. Se c’è una cosa buona che l’Europa ha fatto è proprio questa. Abbiamo costruito un impero sopra questo: libri, convegni, direttive, fondi, associazioni. Da 25 anni ci avete convinto che il miglior modo per promuovere la sicurezza in Europa era  unirla e promuovere la sua cittadinanza. 

Ci avete convinto, sin dal primo giorno e oggi non possiamo permetterci,  neanche in tempo di crisi, di pensare che studiare, voler conoscere e aprirsi al mondo non sia la soluzione più giusta per combattere la paura dell’altro e vivere in un continente dove la libera circolazione di beni e persone non restino solo principi di pura economia. 

Alessia Bottone 

venerdì 5 ottobre 2012

WALK ON JOB

Cari lettori,
 
Anche walk on job parla di noi!
 
Eccovi il link dell'articolo!
 
 
Fatevi sentire ragazzi, questo è il momento giusto!
Solo se farete parlare parlare di voi, riuscirete, forse, ad ottenere qualcosa!
 
Grazie Elisa, grazie Walk on job!
 
Alessia
 
Alessia Bottone è una ragazza come tante, forse ne avete già sentito parlare o l’avete vista in tv. Ci contatta via e-mail per segnalarci la sua storia e il suo blog, perché ritiene di parlare a nome di molti ragazzi che, come lei, laureati e preparati, si trovano senza opportunità dopo la laurea. E infatti lo fa.

Lo fa da giugno, quando la lettera di sfogo che ha mandato al quotidiano della sua città, Verona, L’Arena, è finita in prima pagina sollevando un polverone. Quindi ha scritto una lettera al Ministro Fornero, pubblicata su Affari Italiani ai primi di luglio, che ha fatto il giro del Web. Alessia ha 27 anni, parla 4 lingue e ha vissuto in 7 Paesi diversi ed è stata stagista all’Onu. Laureata, non riesce a trovare un lavoro, stage sì, persino come commessa: 300 euro al mese per piegare magliette. Non le sembra proprio dignitoso. Mette in Rete la propria esperienza – e nel frattempo le sue lettere si spargono in internet in un vero e proprio tam tam – e insieme ad alcune amiche dà vita al blog Da Nord a Sud Sogni a tempo (in)determinato, che in pochissimo tempo raggiunge tantissime visite. Quindi si trova invitata in numerose trasmissioni radio e tv, da Radio24 a Radio Capital a Blu Radio Veneto, da “L’ultima parola” su rai2 e la prossima settimana sarà a “Quinta colonna” su rete 4.


Insomma, Alessia senza volerlo si è ritrovata a rappresentare problemi, sfoghi, lamentele di molti giovani come lei, che si trovano in balia di un mercato del lavoro che li respingi e li svaluta. Il suo blog è fitto di lettere di giovani che raccontano la propria esperienza, in cui ognuno di noi si può riconoscere: c’è
chi decide di partire in moto alla volta di Londra a chi, brillante laureato in Beni Culturali, si trova a spasso ma invita a non arrendersi, a chi, 28enne pubblicista, lamenta la mancanza di certezze. Le scrive persino un padre, agente immobiliare da 30 anni e che, disperato, deve mantenere moglie, genitori e figlia e non ce la fa, e ha pensato persino a farla finita.
Alessia adesso ha un contratto a progetto nel settore dei corsi privati, ma scade tra 2 mesi e che non è neppure full time, al sabato fa la cameriera per arrotondare e sogna di tornare a Ginevra, dove ha fatto uno stage all’Onu, l’anno scorso, e dove gli stagisti sono tutti retribuiti con almeno 1000 franchi al mese. Non può andare a vivere da sola, nemmeno in una camera ammobiliata, nemmeno in condivisione con altri ragazzi, come vorrebbe.

“Mi piacerebbe rimanere in Italia, ma adesso inizierò a mandare in giro Cv, se a dicembre non esce nulla tornerò a Ginevra. Tanti accusano le lauree umanistiche di non servire a nulla… Beh, io ho anche basi di contabilità e conosco bene le lingue ma le agenzie interinali mi rispondono che non mi tengono in considerazione perché ho una laurea in un altro settore. Insomma, c’è un muro da parte di chi ci seleziona e se vede che cambi strada rispetto alla tua formazione, ti frena”, ci spiega Alessia al telefono.


Le conosciamo bene, le difficoltà di Alessia e degli utenti del suo blog, che non sanno come fare, che si vedono sbarrare le porte e che non hanno la minima idea di cosa significhi possedere anche piccole stabilità, che quando guardano all’estero vedono, ad esempio, un’America dove vige la meritocrazia, non la regola dell’”essere amico/conoscente/parente di”, per trovare lavoro.
Quella di questa ragazza veronese è una storia oggi tristemente normale, ma lei ha saputo dare voce a questa “normalità” facendosi portavoce di molti, troppi. Ha saputo trovare un canale per farsi ascoltare, per merito e per fortuna.


È stata coraggiosa, Alessia, a mettere la sua faccia e il suo nome in primo piano per combattere il disagio di una generazione. Ha saputo anche, certo, sfruttare il tam tam e la risonanza mediatica, e non è da tutti. “Vorrei essere parte attiva del cambiamento”, ci dice determinata mentre ci rivela che il lavoro di comunicazione e battaglia che sta conducendo avrà presto una sorpresa che vedremo seguendola sul blog e sui media. “I ragazzi della mia età, prosegue, sono disillusi, si chiedono che senso abbia scrivere e protestare… Per me un senso ce l’ha. Quando ho visto che venivo seguita sul blog, ho capito che dovevo battermi…”.


D’altronde, Alessia è laureata in Istituzioni politiche per la pace e i diritti umani:
se non è un diritto umano il lavoro, per quali altri diritti dovremmo muoverci?

ANCHE GLI “ZERBINI” SI STANCANO

Ciao Alessia,
Ieri ho letto il giornale Oggi. Mi balza all'occhio la parola DISOCCUPATI. Anch'io lo sono. Ho 26anni e alle spalle una laurea triennale in Scienze della comunicazione e una magistrale in Comunicazione pubblica e sociale. Quando qualcuno mi chiede in cosa sono laureata so già che mi guarderà male "Sì, sono quelle lauree inutili". All'inizio me la prendevo, ora, invece, dico "Ho una di quelle lauree inutili, che non servono a niente". Almeno il mio interlocutore resta sorpreso e, se è impietosito, mi dirà "Ti sei fatta una cultura".Vero, penso. Una cultura e un mazzo tanto per riuscire al meglio, perché studiare mi è sempre piaciuto. Impegno e sacrificio: caratteristiche che i bravi ragazzi in Italia condividono. Quelli che ora passano ore al computer per inviare curricula che chissà se verranno letti. Disoccupati? Diversamente occupati, perché la nostra unica occupazione è quella di trovare un lavoro. Io un cantuccio in questo mondo l'avevo trovato. L'anno scorso ho fatto una scelta difficile: proseguire negli studi, con un dottorato di ricerca con il sogno di diventare un giorno insegnante o andare a lavorare?
La domanda per il dottorato l'ho fatta. Esito: passo la selezione. Senza borsa di studio.
Ne parlo a casa e con 2 prof: la prima mi dice che per la testa che ho, lo devo fare. Il secondo mi dice che tanti dottorandi fanno solo fotocopie.
Passati i 3 anni, c'è la possibilità che le porte della carriera universitaria non si aprano, soprattutto se non hai gli agganci giusti. Agganci non ne ho. Non ne voglio avere.
Potrei trovarmi a 30 anni senza un lavoro. E a 30 anni, mi immagino che un colloquio di lavoro potrebbe vertere su queste domande: "È sposata? Ha intenzione di metter su famiglia?". Per non dover pesare ancora sul groppone dei miei e, soprattutto, sentendo come vanno le cose in Italia (che i cervelli sono in fuga e che il mio cervello sta bene qui dov'è e bla bla bla) colgo al volo la prima opportunità di lavoro che mi si presenta. Apprendista impiegata 40ore la settimana, 760 euro al mese. Sono entusiasta. Vedo qualcosa di concreto: lo stipendio. Anche il mio ragazzo ha un lavoro (part-time). Gli hanno rinnovato il contratto.(Ah, anche il mio ragazzo ha una laurea magistrale con 110 e lode, ma si è adattato, come facciamo in tanti, a fare il commesso).
Riassumo la mia esperienza lavorativa: traumatica. Trattata come uno zerbino. Umiliata. Mi sono adattata a fare di tutto, anche le pulizie di tutti gli uffici. Davanti agli altri che stavano lavorando seduti al computer e che si lamentavano dell'odore del lavapavimenti. Con la titolare che nemmeno riusciva a far centro nel cestino dell'immondizia. Le cartacce fuori e io a raccogliere. Bicchierino del caffè disseminati ovunque, apposta. Portacenere da svuotare.  Succede qualcosa in ditta che non va? È colpa mia.
È dura. Piango tutte le sere. Mi sento una nullità. Mi applico per fare del mio meglio ma non c'è meglio che tenga. Non vengo considerata dalla titolare. Se le gira male manco ti saluta.
Umiliazione dopo umiliazione, con mamma e papà a casa che da mesi mi dicono che mangiamo pane e cipolla piuttosto che io mi abbassi a questi livelli, decido, dopo 10 mesi di licenziarmi.
Ormai è tardi: ho accumulato un tale livello di ansia e umiliazioni che ho un esaurimento. Mi sto curando.
Sono disoccupata, è vero. Per 10 mesi sono stata occupata. Occupata a convincermi che dovevo resistere e che dovevo fregarmene dell'ignoranza delle altre persone.
Mi chiamo Alice e non c'è nome più azzeccato di questo. Sogno un'Italia a rovescio. Dove i giovani bravi  prendano in mano la situazione. Abbiamo dei valori in cui crediamo e i nostri sogni non sarebbero niente di impossibile in un paese normale.
Al momento, sognare è una delle poche cose che mi riesce bene. Lavoro, famiglia, riconoscimento per i giovani. Qualcuno mi svegli, perché per realizzare questi desideri ci vuole tanta forza. Costanza. Di pazienza ne abbiamo portata troppa.

giovedì 4 ottobre 2012

IL CLUB DEI LAUREATI ANONIMI

Ciao Alessia,
da dove comincio? Piacere sono Pier ho 38anni e sono laureato.  Messa così sembra una seduta degli alcolisti anonimi o del club dei laureati anonimi (?). E' meglio se vado con ordine ...che prima di definire la mia vita un fallimento, prima ci devo arrivare per gradi. La mia carriera inizia tardi, si perché terminate le medie mica sono andato subito al liceo, dopo aver lavorato (in nero) per un po’ mi son detto: “qua se vuoi un futuro ci vuole un titolo (di studio)!” Così istituto tecnico fu, perché tra tutti era quello che dava più possibilità lavorative, o almeno così pareva.  Arrivato il diploma è iniziata la giostra dei colloqui, e niente, un bel pezzo di carta, poca esperienza e tanti lavori da magazziniere per cui serviva la terza media e già col diploma ti guardavano male, che uno poi si convince di non valere nulla, e li vedevo i miei compagni di scuola modellarsi su quei posti da commesso al supermercato dopo aver studiato elettronica. Perché meglio che niente mi ci sono adattato anche io.
Dopo un anno di questa solfa, e nessuna prospettiva, ho deciso che avrei seguito il mio sogno che sino ad allora era rimasto nel cassetto. Così mi sono iscritto all'università, a 23 anni e tutti a dirmi: che ci vai a fare? E io che mi dicevo, mi piace è un mestiere che sento di voler fare, darò il mio meglio. La vita dello studente lavoratore è infima, ma si fa, perché c'è il sogno che spinge, così mi sono laureato in architettura, due anni fuori corso. Esame di stato e tutto il resto. Non è stato facile ma ci sono riuscito, nonostante i miei preferissero vedermi nel classico posto fisso. Ero pronto per la professione dei miei sogni.
La prima novità fu che lo studio per cui avevo lavorato prima della laurea mi disse: ora che hai una laurea non possiamo tenerti, perché chissà quanto ci costi. Complimenti e buona fortuna. Notare che mi pagavano in nero, ma tant'è un laureato tra i piedi li metteva a disagio. Tutto il resto dei lavori che avevo fatto prima della laurea erano talmente precari che non avrebbe avuto senso metterli nel CV.
Così iniziò il mio gioco dell'Oca. Per la fase spedizione CV e colloqui lascio agli altri post di questo blog descrivere la situazione, che anche lì uno pensa certo ho fatto lavori non pertinenti alla mia professione, ma se uno deve pagarsi affitto stanza, magari il vitto e i libri , non è che può andarci col naso fine, quindi può un futuro architetto dire che ha fatto il cameriere, l'imbianchino, il manutentore di campi da tennis, il pulitore di piscine, il fattorino (?) NO!
Non lo fai un po’ perché te ne vergogni, o meglio te ne fanno vergognare, e un po’ perché è meglio evidenziare le esperienze qualificanti. Così qualche collaborazione con qualche studio conosciuto la metti perché c'è stata. Ma non basta e la frase di rito è: lei non ha esperienza. (ancora?) Cosa che ti taglia notevolmente le gambe e l'umore. Ma si rimedia, con qualche corso di formazione specifico: autocad, bioarchitettura. E poi la menata dell'età; come mai si è laureato così tardi ? e li a spiegare, perché un CV standardizzato è comunque limitante, soprattutto quando chi lo legge ragiona con la logica della raccomandazione e della lobby di professionisti.
Così ricomincia la fila dei lavori in nero, a ritenuta d'acconto, quando va bene, di aprire partita Iva non se ne parla perché son costi, e si vive sempre nella speranza che ci sia bisogno di te dopo la consegna, che serva una persona in più e che il figlio del cugino dello zio del titolare, decida di laurearsi e aprirsi uno studio tutto suo e lasci libera la scrivania accanto. Insomma è una sequenza di speriamo che me la cavo e intanto uno stringe i denti e fa del suo meglio. Perché mi hanno insegnato che c'è la gavetta e che se si è bravi si emerge. Ma intanto cerchi dell'altro perché la vita da praticante perpetuo dopo un po’ sta stretta. Così arriva la proposta di un contratto a tempo indeterminato che fai la rifiuti? No! Ed eccomi commesso di libreria, bell'ambiente, bel lavoro, certo un architetto che ci fa in una libreria (?)
Ma alla fine va bene anche così e si apre un ventaglio di nuove competenze nel settore del commercio. Inizio a fare scelte editoriali, merchandising, allestimento vetrine, e la cosa mi piace. Poi il settore va in sofferenza ed ecco qui la parola magica è mobilità. Non dopo aver scoperto che l'ex Azienza si è anche dimenticata di pagarmi i contributi. La giostra riprende, CV, agenzie interinali, annunci, colloqui, questa volta tutti a chiedere, ma non ha fatto esperienze qualificanti per la sua professione? come mai non ha fatto la libera professione? Che a quel punto lo sanno benissimo che se non sei nella 'casta' difficilmente fai la libera professione.
Comunque quando ti presenti con un CV stilato dal Centro dell'impiego, le uniche esperienze lavorative valide sono quelle in regola, il resto è fuffa! Dopo un numero infinito di giri per uffici e studi professionali, ho trovato un lavoro pertinente per due soli motivi, chi mi assumeva avrebbe avuto le agevolazioni del lavoratore in mobilità e  mi hanno raccomandato si perché nella situazione, disastrosa, in cui mi trovavo con oltre sei mesi di stipendi non pagati, l'unica speranza di non affondare era la raccomandazione, così ho oliato amici e conoscenti e dopo mesi di stalking  alla fine alla fine arriva prima una prestazione occasionale, poi un contratto a tempo determinato, poi un altro e poi mi chiama il capo: eh non vorrà mica essere riassunto, tanto più che sono scadute le agevolazioni per i lavoratori in mobilità quindi se può farci il favore apra partita IVA e noi le diamo il netto in busta.
Ho accettato perché il lavoro mi piaceva, l'ambiente era uno schifo, ma che fai li deludi dopo che ti hanno fatto il favore di farti lavorare? No. A farmi ravvedere fu il mio commercialista.
I motivi economici sono universalmente noti no? fattura dello stesso importo del netto in busta e chi ci arriva a fine mese così? Irpef, Iva, iscrizioni varie e ti chiedi: ma gli studi di settore per chi sono stai fatti, per professioni già avviate. Quindi grazie e arrivederci. Ho chiuso tutto. Che resta? un pugno di mosche e la certezza che arrivato a 40anni la pensione non la vedrò mai. Così uno si ricicla, ed oggi eccomi qui con un laboratorio di falegnameria e restauro mobili, creative designer; lavoratore autonomo per necessità, una passione che è diventata lavoro, che però arranca (c'è la crisi non dimentichiamolo) e se devo dirlo, se pagassi tasse, confartigianato, Inail e tutto il resto non solo non arriverei a fine mese, ma avrei anche fatto dei debiti e quindi? lavoro in nero.
Ora io mi chiedo seriamente, dove ho sbagliato?
Quando ero appena laureato, ho visto quasi tutti i miei compagni di università andarsene all'estero, chi in Inghilterra chi in Francia, io ci ho pensato e mi sono detto che oltre a non avere i soldi per la fase start-up all'estero, non avevo voglia di abbandonare il mio paese, la mia città, per cercare un lavoro che avrei trovato qui, con impegno, competenza. Io ci credevo alla meritocrazia, credevo in me e nella mia capacità, nell'impegno che metto nel lavoro.
Mi sbagliavo, sono rimasto e mi sono adeguato al sistema Italia, e avevo vergogna a dire ai miei genitori che il lavoro che facevo era sottopagato e per arrivare a fine mese dovevo integrare il mio lavoro da architetto con altri, e ad un certo punto dici: ma lavoro per vivere o vivo per lavorare? Mi fa male scrivere queste cose per il semplice fatto che non so se oggi sono uno sconfitto, devo ancora capirlo e spero davvero che scrivendo queste righe riuscirò ad auto illuminarmi e vedere una strada per il futuro. Perché in questo momento sto vivendo alla giornata, infrangendo tutte quelle regole per cui mi incazzavo sino a pochi anni fa.
Ma una certezza che ho maturato è andatevene dall’Italia, salvate i vostri sogni credeteci e perseguiteli dove il terreno è fertile, e non avvelenato da raccomandazioni, ipocrisia e piaggeria, dove non vi facciano sentire ospiti indesiderati, ignoranti e inadeguati solo per sfruttarvi e gettarvi via come limoni spremuti. Insomma io lo leggo da un po’ questo blog ed ogni volta ad ogni post c'è una fetta di vita che mi fa star male. Concludo con questo video, giusto per non essere troppo negativo perché chissà che questa crisi non serva per togliersi di torno tutti questi parrucconi corrotti e saccenti che da oltre trent'anni soffocano chi ha voglia di cambiare un sistema che è arrivato alla frutta.
 
 

mercoledì 3 ottobre 2012

ITALIANSINFUGA

Cari lettori,

vi allego l'intervista di Italiansinfuga.

Voi cosa ne pensate?

Buona lettura e grazie Aldo!

http://www.italiansinfuga.com/2012/10/03/cosa-hai-trovato-sul-mercato-del-lavoro-una-volta-tornata-in-italia-nulla/

Tutto è iniziato con una lettera al direttore del quotidiano della sua città, Verona.
 
La storia di Alessia Bottone ha assunto una rilevanza nazionale.
Laureata, 27 anni, 4 lingue, esperienza in 7 Paesi diversi.
Eppure in Italia non trova nulla.
 
Ha quindi iniziato il blog ‘Da Nord a Sud, parliamone – Sogni a tempo (in)determinato‘ dove ambisce a raccogliere le esperienze di Italiani che Italia non riescono a trovare sbocchi.
 
Che esperienze di vita hai fatto all’estero?
Ho iniziato come studentessa Erasmus nel settembre 2006.
Facoltà di economia presso l’Universitat Autònoma de Barcelona per 8 mesi.Poi mi sono trasferita a Dublino nel maggio 2007 dove ho lavorato come cameriera e barista per sei mesi e nel frattempo seguivo corsi intensivi di inglese. Poi sono tornata nel novembre 2007 poichè mi mancava un esame e dovevo scrivere la tesi di laurea triennale. Mi sono laureata in Marzo 2008 in Scienze politiche relazioni internazionali diritti umani. Nessun voto eclatante, del resto durante l’università ho sempre lavorato come commessa, barista, mi sono anche aperta una piccola ditta mia di catering che è durata 3 anni. Poi nell’Aprile 2008 sono partita alla volta di Parigi. Non capivo una sola parola di francese. Ma volevo impararlo a tutti i costi. Lavoravo in un negozio di prodotti tipici italiani. Facevo la salumiera e intanto seguivo corsi di francese serali.
 
Poi sono tornata il 23 dicembre 2008, ho dato un esame della specialistica (perchè nel frattempo mi ero iscritta alla laurea specialistica a Padova) e sono andata in Costa Rica grazie allo SVE- finanziato dalla Commissione Europea. 4 mesi in una comunità indigena, nella foresta tropicale per stare con i bambini, insegnare l’inglese, promuovere progetti di sviluppo eco- sostenibile e turismo rurale.Poi tornata nel giugno 2009 ho dato altri esami e sono ripartita. Questa volta ho lavorato 4 mesi presso il centro di accoglienza per richiedenti asilo nel Canton Jura in Svizzera dove mi sono occupata di insegnare francese ai richiedenti asilo, nonchè di insegnare a leggere e a scrivere, traduzioni, assistenza sociale, promozione di progetti di integrazione e mediazione culturale.
Poi l’anno successivo sono ripartita tre mesi per un tour d’Europa per un progetto culturale-musicale finanziato da Sciences Po Lille e nell’Ottobre 2010 sono scappata a Bruxelles dove ho lavorato come stagista presso una lobby che si occupa di diritti delle donne in Europa. In particolare mi sono occupata di organizzare eventi, ricerca e comparazione di modelli per ciò che concerneva la direttiva “maternità”, donne e salute e donne e violenza, compresa la redazione di position papers da presentare alle Commissioni parlamentari europee.
 
E dulcis in fundo, ho realizzato il sogno di potermi formare come stagista presso le Nazioni Unite a Ginevra. Mi sono occupata di disarmo e reintegrazione ex combattenti nel post- conflitto. In particolare, ho preso contatti con alcune comunità indigene in Colombia, ho svolto ricerche e ho redatto un report sul conflitto in Colombia e le sparizioni forzate di indigeni e l’appropriazione delle loro terre da parte delle milizie. Alla fine dello stage sono stata invitata a partecipare per sei giorni ad un incontro tra rappresentatanti delle missioni di pace ONU ad Entebbe in Uganda.
 
Cosa hai poi trovato sul mercato del lavoro italiano?
Nulla. Ho provato a candidarmi per diverse posizioni.
Ho richiamato le agenzie per le quali avevo lavorato tempo prima. Niente, non avevo competenze da loro richieste. Ho risposto ad annunci pubblicati su siti per la ricerca del lavoro: niente, anche li, nessuna risposta. Mi sono proposta come impiegata, ottima conoscenza lingua inglese: Mi hanno detto che ero troppo vecchia e che preferivano assumere qualcuno con meno di 25 anni.Ho fatto diversi colloqui anche nel mio ambito. Mi sono iscritta alle liste di disoccupazione al centro per l’impiego, mi hanno consigliato di tornare all’estero e non mi hanno mai chiamata se non per propormi uno stage con rimborso spese. Ho risposto agli annunci delle Ong, mi sono proposta come addetta commercio estero, ma mi hanno detto che la mia laurea non risponde ai requisiti da loro richiesti. Sono riuscita a lavorare come hostess, cameriera, promoter per qualche giornata. Nulla di più.
 
Cosa ha fatto nascere l’idea del blog?
Dopo aver scritto una lettera al giornale della mia città che poi è stata pubblicata in prima pagina e dopo aver scritto al Ministro Fornero mi sono resa conto che eravamo davvero tanti a vivere questa situazione e non ero sola. Io, lo ripeto, a furia di sentirsi chiudere le porte in faccia ci si convince che il problema siamo noi. Il blog è nato per riunire questi ragazzi, per dare un volto alle loro storie. Ha ottenuto molto successo perché assomiglia ad una valvola di sfogo, ad un canale dove poter comunicare le proprie speranze. Accomunati da una completa disillusione rispetto ad una politica che non sono non li rappresenta, ma non li ascolta.
In attesa di risposte e con la valigia in mano, pronti a cercare altrove. Alcuni mi scrivono persino “mi permetto ancora di avere un sogno nel cassetto, ma mi sento attaccato da chi mi dice che non è tempo per sognare, ma di accettare tutto ciò che viene”.
Allora io vorrei elencarlo questo tutto ciò che viene: stage non retributi, stage con rimborso spese, contratti a progetto che non hanno nessun progetto in realtà ma servono per camuffare un normale lavoro con il vantaggio però di poter pagare molto meno sia di tasse che di retribuzione, aprirsi una partita iva con onero a proprio carico, aprirsi una s.r.l ad un euro (con quali soldi?) lavorare come apprendista fino a 30 anni e poi sperare nel miracolo dell’assunzione. Perché parliamoci chiaro, il problema è che il lavoro è sovratassato. Non prendiamocela con chi ha un voto di laurea basso, non cerchiamo scuse.
 
Lancio una provocazione. Perché l’Università viene a prendermi a casa purchè io mi iscriva ai loro corsi e per quanto riguarda la formazione tecnica non funziona allo stesso modo? E poi adesso io mi chiedo, c’è questo ritorno alla formazione professionale, a quei lavori che pochi vogliono fare.
Mi spiegate perché allora avete fatto lavorare i migranti, non in regola nei campi della Puglia, in Calabria e li avete lasciati dormire nelle case abbandonate? Vi facevano comodo. Potevate regolarizzarli, insegnare loro un mestiere, e integrarli socialmente. Eppure non si può dire che non si sapeva. Vedi articolo: http://www.casadivittorio.it/schiavoinpuglia.html
 
Che testimonianze hai raccolto fino ad ora?
Ho raccolto la testimonianza di Michele che lavora a Los Angeles come legale. Si dice meravigliato di aver trovato lavoro per la sua bravura e non grazie alle conoscenze.
Poi c’è Martina che dice “tre lavori per riuscire a portare a casa uno stipendio e crescere mio figlio. In Italia il vero welfare sono le famiglie, se sei solo, non ce la fai”. C’è Valentina che due giorni fa ha lasciato l’Italia per trasferirsi in Belgio. Lavorerà come stagista non retribuita nella speranza di poter apprendere qualcosa che possa servirle per una professione futura. Ha 27 anni e lascia suo figlio di un anno a Verona, dalla famiglia.
C’è un’altra Valentina che si definisce una stalker del lavoro ma non vuole assolutamente partire, c’è chi inizia a chiedersi se l’Università stessa non sia un’operazione commerciale e quindi abbandona per dedicarsi ad altro. C’è chi vorrebbe sposarsi ma all’ennesimo contratto a tempo determinato e mai rinnovato decide che i sogni sono troppo costosi e forse è meglio rinunciarvi.
 
Cosa vorresti vedere cambiare in Italia?
Cosa vorrei? Vorrei un Italia dove non ci perdessimo in chiacchere ma affrontassimo la situazione reale. Vorrei una legislazione chiara e definita sullo stage che deve essere retribuito come in altri paesi d’Europa.
 
Vorrei incentivi per chi resta, non solo borse di studio per partire e formarsi all’estero.
Vorrei investimenti nella ricerca e nello sviluppo.
Vorrei controlli sull’uso dei fondi pubblici.
Vorrei che i partiti si autofinanziassero.
Vorrei commissioni regionali volte a verificare che i nostri soldi non vengano spesi impunemente e che vengano usati per quel famoso welfare di cui ormai ignoriamo l’esistenza.
Vorrei che l’apprendistato volgesse davvero all’assunzione.
Vorrei un minimo salariale garantito per i contratti a progetto.
Vorrei poter tornare a progettare la mia vita, e penso che anche gli altri siano d’accordo.